Il Polo museale di Gualdo Tadino: un viaggio emozionante tra storia, arte e tradizione

Invito tutti, sia i gualdesi che chi ama la storia, le tradizioni e l’arte da altre città, a venire a scoprire il Polo Museale di Gualdo Tadino. Qui troverete ben sette strutture museali: il Museo Civico Rocca Flea, il Museo Opificio Rubboli, il Museo Archeologico Antichi Umbri, il Museo della Ceramica, il Museo del Somaro, il Museo Regionale dell’Emigrazione Pietro Conti e la Chiesa Monumentale di San Francesco.

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“Di Segno in Segno”

Per la prima volta, viene esposto un corpus completo di opere grafiche di Omar Galliani, realizzate dagli anni Settanta agli anni Duemila. Il maestro del disegno italiano si approccia alle tecniche incisorie – principalmente litografia e acquatinta – grazie ad una docenza all’Accademia di Belle Arti di Urbino (1979-80), città da sempre nota per le stamperie d’arte.

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Castello di Albola: l’arte incontra il vino in una conversazione senza tempo

Il concetto centrale di Dialoghi Paralleli si fonda sull’idea di conversazioni affiancate: scambi di idee che avanzano insieme, arricchendosi l’un l’altro senza mai sovrapporsi o perdere la propria autenticità. È un omaggio all’apertura e alla reciprocità, simbolo di un dialogo costante in cui ogni voce mantiene la sua individualità pur partecipando a un confronto costruttivo. La distanza tra queste linee parallele non rappresenta separazione, ma una forma di rispetto e complementarità.

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Intervista col maestro Roggi

Il mio lavoro nasce da un dialogo costante tra le forme ideali e la materia che le esprime, un processo che non è puramente istintivo né totalmente razionale. È una fusione tra intuizione e riflessione, in cui le leggi naturali e le idee si incontrano, con la geometria che si sposa alla forma vivente. Non cerco di separare questi aspetti, perché credo che la bellezza emerga proprio da questa sintesi tra perfezione ideale e imperfezione materiale, tra pensiero e gesto.

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La fotografia nonostante l’ego

“Nasco dalla fotografia artistica, concettuale, anche se la codifica professionale mi ha fatto scoprire aspetti del mio lavoro che non avrei immaginato… Amo, ad esempio, i servizi per i matrimoni – che condensano ed esauriscono in un giorno l’intero repertorio di settore: moda, reportage, storytelling, arte e scenografia”. L’ossessione di avere un matrimonio unico, spesso porta ad un esito lontano dalle aspettative: “Meglio essere sé stessi”, dice Francesca.

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Jutta Wilhelm Coerper, artista e designer

Jutta è nata a Coblenz, nella regione tedesca della Renania, durante la Seconda Guerra Mondiale e ha studiato arte e design a Dusseldorf.  Aveva sempre sognato di lasciare la Germania per viaggiare, e trascorse un anno a Roma per studiare e lavorare all’estero.  Quando, dopo 6 anni di scuola d’arte, si presentò la possibilità di trascorrere un periodo in Sudafrica lavorando per un’azienda tessile, la giovane Jutta colse al volo l’occasione.  Trascorse i successivi otto anni in Africa, dove finì per lavorare come responsabile del design in tre diverse aziende.   È durante questo periodo che sviluppò un grande amore per la cultura africana e prendendo coscienza della difficile situazione della popolazione africana sotto l’Apartheid. Sempre in questo periodo, ha sviluppato un interesse per le questioni sociali di diversi popoli indigeni che coltiva ancora oggi.

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Un sito templare a Città di Castello

I resoconti dei lavori riportano la ricostruzione che allora fece Francesca Abbozzo, coordinatrice scientifica del convegno e direttrice del restauro degli affreschi. Per lungo tempo venne adibito a magazzino per il tabacco. A metà degli anni Cinquanta l’affresco era già irriconoscibile e fu solo nel 2008 che si provò a saggiare che cosa si nascondesse sotto lo strato del tempo e i residui di un uso improprio. “Così emerse il Cenacolo e quindi, a seguito di altri saggi, cominciò ad emergere una seconda parete su cui si imponeva la figura di un domenicano. Gli affreschi del XV secolo convivono con uno strato più antico risalente ad almeno due secoli prima, che hanno una natura chiaramente templare”. Costituiscono l’apparato decorativo originario di questa, che poteva essere una chiesa ma anche un tempio, dato che i motivi rimandano alla pietra del tempio di Gerusalemme.

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Tra Piero e Frida meno di sette gradi

Perché il tempio di Piero della Francesca dovrebbe ospitare Frida Kahlo? Potrebbe sembrare uno di quegli accostamenti temerari – e spessissimo comunque di successo – a cui ci ha abituato il marketing dell’evento espositivo. Tra l’uno e altro, non ci fossero i secoli a separarli, basterebbe anche oggi la distanza spaziale tra Europa ed America Latina ma Piero della Francesca non è nuovo ad incontri impossibili a partire da quello con Burri, che, nella mostra Visitazioni del 2015, coabitò in modo pericolosamente ravvicinato con la Resurrezione. Allora i sette gradi di separazione furono garantiti dall’allestimento in due stanze diverse, oggi Frida Kahlo.

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