Di Federico Donti
Il successo dell’articolo presentato nello scorso numero e la curiosità destata dalla notizia che nella città di Perugia sia nato un comitato formato da ben 15 associazioni importanti della città – per portare all’attenzione di tutto il mondo che Perugia etrusca debba essere considerata patrimonio dell’umanità – mi induce a entrare nello specifico per dare risposte alle domande pervenute in redazione. Lo strumento che ritengo più efficace è quello dell’intervista perché se l’intervistatore riesce a porre le domande che chiede il nostro pubblico si riesce a mettere in sintonia il pubblico con l’intervistato e sarà come parlare in diretta. Ho deciso di intervistare l’ingegner Luciano Vagni perché lo ritengo parte dell’anima della Perugia etrusca, colui che con gli scavi sotto la cattedrale l’ha riportata alla luce e che ha organizzato nel complesso monumentale di Sant’Anna il museo multimediale con il quale sta insegnando ai bambini delle scuole la etrusca disciplina.
Apprezzo le sue conoscenze profonde sulla cultura etrusca e la sua passione di studio e le considero una risorsa preziosa per la città di Perugia, indipendentemente dalle teorie che esprime e che sta portando avanti nelle quali intendo addentrarmi nelle prossime interviste per chiarire a me stesso e soprattutto al pubblico aspetti importanti e inediti che ognuno di noi vorrebbe conoscere.
Ci siamo incontrati di nuovo al museo Rasna dove è ripreso il nostro colloquio. La prima domanda che mi sento di formulare è perché ci siamo decisi ora a presentare la candidatura di Perugia etrusca a patrimonio dell’umanità e non ad esempio negli anni addietro, ai tempi dell’etruscologo professor Torelli o ancora più indietro a quelli del professor Pallottino, uno dei maggiori pionieri dello studio della civiltà etrusca.
L ingegnere con la sua pacatezza mi ha risposto che ogni frutto deve avere la sua stagione ed il suo tempo per maturare; gli scavi eseguiti sotto la cattedrale di Perugia durati dal 1976 al 2009 sono stati l’elemento nuovo che ha riportato Perugia alla ribalta della cultura etrusca, ma dopo un periodo di successo culminato con il convegno tenuto alla sala dei notari il 14-15-16 giugno 2013, il mondo culturale non ha dato un seguito significativo; il convegno era basato sul punto focale della cultura etrusca, il principio di corrispondenza tra il cielo e i microcosmi della terra, compresi i territori e la città, che gli etruschi costruivano usando come modello il cielo.
Il mondo della cultura non era pronto a recepire un principio così diverso dal nostro modo di pensare e quantomeno ad accettare che un ingegnere uscisse dal suo campo per invadere, con ipotesi così nuove, il mondo dell’archeologia. Al suo libro “Sotto la cattedrale “che ha avuto molto successo, edito nel 2009 da Edicit, la Sovrintendenza archeologica dell’Umbria ha reagito nel 2014 con la pubblicazione di un testo dal titolo “Perugia- la città antica sotto la cattedrale di San Lorenzo -risultati degli scavi”. Nella presentazione del libro il soprintendente per i beni archeologici, il dott.Mario Pagano, si è limitato, riferendosi al libro “Sotto la cattedrale” edito 5 anni prima in questi termini: “che si tratta di un’opera che formula interessanti quanto ardite e discutibili ipotesi”. Senza degnarsi di elencare almeno una delle discutibili ipotesi a cui faceva riferimento, evitando così di accendere un dibattito che evidentemente non era disposto a sostenere, anche se sarebbe stato suo dovere farlo.
L’ingegnere sostiene che ci sarebbe invece molto da dire sul libro pubblicato dalla Sovrintendenza, nel quale le notevoli incongruenze presenti hanno fatto sì che fosse ritirato dal mercato; aggiunge che siamo sempre in tempo per accendere il dibattito purché ci sia qualcuno disposto a sostenerlo , viste le vicissitudini che hanno travolto il dottor Mario Pagano, arrestato il 28 di luglio del 2022. Le incongruenze più eclatanti che si notano nel libro sono, da una parte, l’asserzione che i reperti emersi dagli scavi attestino la frequentazione in epoca villanoviana, cioè Ottavo e Nono secolo a.C., dall’altra che il progetto di monumentalizzazione dell’area pubblica della città sia avviato alla metà del Terzo secolo a.C., dando ad intendere che prima non c’erano templi, quando poi il tempio con le sue antefisse viene descritto nella opera.
Altro aspetto che sembra insignificante è l’asserzione da una parte che la scritta “CA” diffusa nelle mura dell’acropoli siano simboli di cava, cioè attestino quale sia la cava di provenienza, dall’altra che esse fossero attinenti alla destinazione delle opere; questo aspetto è decisamente importante perché gli etruschi con la scritta “CA” ci avrebbero trasmesso la notizia che il tempio e le mura dell’acropoli erano dedicate alla divinità “CA” ,e andandola a ricercare nel fegato di Piacenza, dove sono riportate tutte le divinità etrusche, non può essere altro che Culsan Alpan che si trova a nord est del fegato come Perugia è a nord est della Etruria. E’ questo un esempio di principio di corrispondenza fra la città e il cielo.
Il libro è caratterizzato da una grande confusione espositiva e dalla mancanza di chiarezza come nel chiamare muri di sostruzione, cioè di sostegno del terreno, le mura dell’acropoli e nel parlare di urbanistica etrusco romana, due concezioni totalmente diverse fra loro: la prima è circolare, come il cielo rappresentato nel fegato di Piacenza, dove il pomerium delle mura corrisponde allo zodiaco celeste, la seconda è ortogonale, e i Romani hanno cercato di applicarla a Perugia con interventi urbanistici forzati e maldestri. La città mal si prestava ad una urbanistica ortogonale che li ha costretti ad effettuare un ampliamento sia a nord che a sud per poter realizzare le due porte, l’attuale Arco Etrusco e la porta di San Vito (che era molto più larga di quella attuale), per accedere con le proprie truppe nella città e poterla controllare.
Abbiamo così costatato che la Sovrintendenza non era disposta a rivedere le errate interpretazioni del passato, soprattutto quelle espresse dalla dottoressa Banti a cui abbiamo fatto cenno nel precedente nostro incontro, che hanno tolto alla città di Perugia almeno sei secoli di storia recuperati dai riscontri degli scavi sotto la cattedrale; ne rimangono altri sei da riscontrare per ricollegarci alla storia dei miti, e sono i più difficili da riscontrare perché fanno riferimento ad un periodo nel quale non troveremo mai scritti di conferma perché la scrittura ancora non esisteva.
A questo punto m i sono permesso di interrompere l’ingegnere perché mi viene spontanea una domanda: “Come faremo secondo lei a ricostruire la storia antica etrusca, soprattutto quella più arcaica dei tempi della guerra di Troia e della prima metà del Secondo millennio a.C?”
Non certo seguitando a turbare la quiete degli etruschi, risponde, cioè scavando le loro tombe che come si è riscontrato sono testimonianze abbastanza recenti, in quanto l’usanza di seppellire i morti in tombe monumentali si è sviluppata con la nascita di un ceto, quello dei ricchi, che prima non esisteva; nel secondo millennio a.C. gli Etruschi non avevano la proprietà privata perché i terreni da lavorare venivano loro assegnati in uso, come il pianeta terra è in uso per l’umanità e per gli altri esseri viventi, conferendo parte del raccolto al re o al lucumone di turno, per garantire il rispetto delle regole.
Una precisa organizzazione faceva sì che ci fosse lavoro per tutti e scorte alimentari notevoli; basti pensare che Perugia nel “Bellum perusinum”, nel 4. A.C. ha dovuto ospitare per più di un anno le legioni di Lucio, cioè circa 30.000 soldati senza potersi rifornire di vettovaglie, perché le città era assediata ermeticamente da Ottaviano Augusto; ciò significa che ai 10.000 abitanti della città se ne sono aggiunti almeno altri 30.000, e che la città avesse scorte alimentari per almeno quattro volte il suo fabbisogno. Tornando al culto dei morti, esso si è diffuso nella cultura etrusca quando sono nate le oligarchie delle famiglie ricche che, con l’inizio della proprietà privata e i commerci hanno imparato ad accumulare ricchezze, attività agevolata dalla nascita e dalla diffusione della moneta e dell‘uso della scrittura.
La storia più antica si ricostruisce prima di tutto mettendo insieme in una banca dati l’infinito materiale accumulato nei musei e nei magazzini di tutto il mondo per poterlo esaminare in modo comparativo, partendo dall’ipotesi che tutte le classificazioni finora eseguite, e soprattutto le ipotesi di datazioni, possano essere sbagliate perché supportate da false ipotesi, come quella della dottoressa Banti sopra accennata.
La cultura etrusca è fiorita nell’età del bronzo nella quale non esisteva né la scrittura né la monetazione, ma basterebbe analizzare chimicamente tutti i reperti bronzei e metterli in una banca dati per poter definire il luogo di provenienza e la data di fusione di gran parte di essi. Purtroppo, di molti non è nota la provenienza ma, ciò nonostante, una indagine accurata può consentire di datarli e anche di scoprire i movimenti ai quali quell’oggetto è stato sottoposto. La scienza, in questo caso, può aiutare molto a ricostruire la storia, ma bisogna volerlo e saperla utilizzare; potremmo iniziare ad analizzare i bronzi dei due simboli di Perugia, il grifo ed il leone, per dimostrare la incompatibilità delle due opere: il grifo che è un animale composito, con la testa di uccello e le zampe da leone simile alla chimera di Arezzo, anche se è stato mutilato, è etrusco, mentre il leone, con il quale forzatamente è stato messo in coppia, è medioevale.
Ancora per la scienza, dispersa fra tanti rivoli di discipline e di specializzazioni, è prematuro attuare una ricerca come quella che sopra abbiamo descritto, anche se teoricamente è possibile. Il bronzo presenta nella sua composizione chimica una specie di dna, cioè non esistono due bronzi uguali, per il rilevante numero di metalli presenti in quantità sempre diverse, e ciò agevola la classificazione.
Esiste anche un altro metodo, quello seguito dalla nostra associazione Catha, che osservando i cieli del passato col programma ‘Stellarium’ ha ripercorso i cieli che osservavano, seguivano e copiavano gli etruschi, comprendendo moltissimo della loro cultura e delle loro conoscenze astronomiche.
Un bambino della quinta classe della primaria durante le lezioni sugli Etruschi è intervenuto dicendo: “Se essi disegnavano le loro città copiando il cielo e se il cielo cambia leggermente di secolo in secolo, allora le città etrusche sono datate! “E’ proprio così! Le città etrusche sono datate, ma dobbiamo poter conoscere la loro urbanistica, cioè le loro mura, le porte e i templi per comprendere la loro datazione. Per Perugia, una delle ultime città importanti della Etruria ad essere stata fondata, queste conoscenze sono ormai acquisite e questo è il motivo principale affinché Perugia etrusca sia considerata la città del cielo, e proposta a patrimonio dell’umanità.
A questo punto ho ritenuto di salutare l’ingegnere: “Grazie, avremo certamente altri incontri per immergerci maggiormente in questo straordinario scenario etrusco e per dissipare qualche dubbio e incertezza. Ci lasci il tempo di metabolizzare argomenti così nuovi e complessi. So che tutti i venerdì, dalle ore diciotto alle venti, qui al museo si svolgono corsi di etrusca disciplina e credo che ne approfitterò. Grazie ancora”.