Di Simone Bandini

Foto di Giacomo Roggi

 

Consueto aggiornamento sulle attività e le mostre in atto del Maestro Andrea Roggi, con un approfondimento sulle idee archetipali e fondanti della sua produzione artistica.

 

Maestro, nella sua evoluzione artistica quanto c’è di ‘collettivo’ e quanto di personale? Ovvero quanto deriva da quanto le ha trasmesso la sua terra e la sua genia e quanto dalla sua esperienza personale, dal suo agire?

La mia evoluzione artistica è profondamente radicata in una fusione di elementi personali e collettivi. Essendo nato e cresciuto nel cuore della Toscana, la bellezza e l’armonia della campagna circostante sono diventate per me non solo fonte di ispirazione, ma parte integrante della mia identità. Immerso tra le colline, gli ulivi secolari e un paesaggio che sembra sospeso nel tempo, ho imparato fin da giovane a riconoscere l’armonia sottile che lega ogni cosa. La natura mi ha insegnato che nulla esiste in isolamento, che ogni elemento, dal più piccolo al più grande, ha un ruolo essenziale in un equilibrio più vasto. Questa comprensione è diventata una parte centrale della mia ricerca artistica, nella quale cerco di riflettere questa trama di connessioni invisibili che risuonano anche nell’animo umano.

 

 

Il legame con il territorio si esprime anche attraverso la tecnica: l’antico metodo della fusione a cera persa, impiegato già dagli Etruschi, è una tradizione che mi ha permesso di mantenere vivo il dialogo con la storia della mia terra. Tuttavia, nel tempo ho sentito il bisogno di andare oltre, di sperimentare e innovare, sviluppando la “fusione dinamica”, una tecnica che permette al bronzo di prendere forme fluide, esprimendo un senso di movimento e di vitalità.

Ogni scultura è quindi un incontro tra l’antico e il nuovo, tra il mio vissuto e l’eredità collettiva della mia terra. In questo percorso ho scoperto che l’Energia della Vita – questa energia invisibile che trascende i confini individuali – non è solo una forza interiore, ma un legame che ci unisce tutti, una vibrazione universale che attraversa epoche e identità. Il mio lavoro vuole celebrare questo legame profondo, questo equilibrio misterioso che fa di ogni individuo parte di un tutto più grande, dove tradizione e innovazione danzano insieme per creare qualcosa di eterno.

In questa chiave; cosa si sente di ‘restituire’ con le sue opere alla sua terra e quanto invece a tutto il mondo, quale messaggio universale?

Alla mia terra sento di dover restituire ciò che lei stessa mi ha donato: la profondità delle sue radici, l’armonia del suo paesaggio, la memoria delle sue tradizioni e la speranza in un futuro migliore. Attraverso la fusione a cera persa, onoro una tecnica antica che racchiude la saggezza di generazioni, un modo per riconnettere il presente al passato e infondere eternità alla bellezza di ciò che è stato. Gli ulivi, i cipressi, i profili delle colline toscane diventano parte integrante delle mie sculture quali simboli di resilienza, di continuità, di un rapporto vivo tra uomo e natura.

Ma l’arte, per sua disposizione, supera i confini. Non è solo un omaggio a ciò che mi appartiene, ma una porta aperta verso l’universale. Con il mio lavoro cerco di dare forma a un messaggio che parli a tutti, ovvero che questa energia che scorre tra noi non è solo simbolica, ma reale: è l’amore che muove il mondo, la creatività che trasforma, il potenziale umano che può costruire un nuovo futuro.

 

In definitiva, alla mia terra restituisco un atto di cura, un tributo alla sua anima. Al mondo, offro un messaggio di speranza, un richiamo a ritrovare il senso di appartenenza reciproca e di rispetto per il nostro pianeta. L’arte, per me, è un atto di guarigione e consapevolezza, uno spazio in cui possiamo percepire la nostra interdipendenza e trovare ispirazione per agire. Restituire non è solo un gesto verso il passato o il presente, ma un dono al futuro, un seme di speranza che, spero, possa germogliare in chiunque incontri le mie creazioni. Se le mie sculture riescono a risvegliare anche solo un frammento di questa consapevolezza, allora il mio intento più profondo si realizza.

La situazione geopolitica mondiale vede molte crisi in atto e molte altre in divenire. Cosa sta succedendo secondo lei? E come cambia il ruolo dell’artista – se gliene vogliamo dare uno – in questo contesto radicalmente mutato?

La situazione geopolitica attuale riflette un momento di grande instabilità, in cui crisi umanitarie, ambientali, sociali ed economiche si intrecciano in un mosaico complesso e spesso doloroso. Siamo immersi in una realtà di tensioni crescenti, ma anche di trasformazioni profonde, in cui le vecchie certezze si sgretolano, lasciando spazio a nuovi interrogativi sul nostro futuro. Tuttavia, in ogni momento di crisi si cela anche una possibilità: quella di guardare più a fondo, di riconsiderare le priorità, di scegliere un nuovo percorso.

In questo contesto, credo che il ruolo dell’artista sia più importante che mai. Se l’arte ha sempre avuto il potere di raccontare e riflettere i tempi, oggi essa deve anche farsi strumento di connessione e di speranza. L’artista è chiamato a essere testimone del suo tempo, non solo per documentare il presente, ma per proporre una visione che possa ispirare il cambiamento.

Per me, l’arte non è mai solo un riflesso della realtà, ma un ponte verso il possibile.

Nonostante la complessità del contesto attuale, la mia visione rimane intrisa di ottimismo. L’arte, per sua stessa natura, è un atto di speranza: la trasformazione della materia grezza in qualcosa di significativo è un gesto che afferma la possibilità di cambiare, di creare, di immaginare un futuro diverso. Credo che, in tempi difficili, l’artista debba farsi portatore di una speranza concreta, non ingenua, ma radicata nella consapevolezza che il cambiamento parte da piccoli gesti, da nuovi modi di vedere e di agire.

Realtà e idealità. Nel processo creativo è la materia, la natura con le sue forme ad ispirarla o piuttosto è l’idea, il suo spirito costitutivo che plasma le sue opere? Si sente ‘platonico’ in questo senso?

Non amo definirmi, né costringere il mio processo creativo entro i confini rigidi di categorie come realtà e idealità, materia o spirito. Ogni mia opera nasce da un terreno indefinito, un luogo dove la natura e l’idea, la forma e l’intuizione si incontrano e si plasmano a vicenda. Non posso dire che l’ispirazione provenga solo dall’osservazione della realtà, né che nasca esclusivamente da un’idea astratta: piuttosto, il processo creativo è un dialogo continuo tra il mondo esterno e quello interno, tra la materia e l’anima. A volte, un ramo contorto o un profilo di collina mi suggeriscono una direzione, altre volte è un’intuizione, un pensiero senza forma precisa che prende vita e corpo mentre creo.

Se guardo al mio lavoro con gli occhi di Platone, potrei dire che le mie sculture cercano di evocare qualcosa che somiglia a ciò che chiamava “idea”, ovvero un’essenza senza tempo. Ma non mi sento mai distante o astratto: l’idea per me è già nella materia, nelle sue pieghe, nella resistenza e nei movimenti, e nella capacità della forma di suggerire significati. È come se la materia contenesse già il seme dell’immagine che diventerà e io fossi solo un tramite che permette a quell’essenza di emergere. In questo senso, non sono solo io a plasmare la scultura, ma anche la materia stessa a trasformare me, a insegnarmi a vedere più a fondo.

Il mio rapporto con la creazione è un continuo andare e venire tra realtà e idealità. La natura, con le sue forme, i suoi ritmi e la sua bellezza quasi imperfetta, mi parla della possibilità infinita di trasformazione. Allo stesso tempo, l’idea guida ogni gesto, dona direzione e significato, mi spinge a cercare qualcosa di più profondo. Non si tratta di scegliere tra una realtà tangibile e un ideale astratto, ma di unire questi due mondi in un’unica visione.

Credo che l’arte più autentica sia una sintesi viva, capace di evocare la bellezza e il mistero del visibile e dell’invisibile. Attraverso le mie sculture, provo a creare un ponte tra questi due mondi, ricordando che la verità più autentica si trova proprio in quel punto in cui il visibile e l’intangibile si toccano. È qui che la mia arte prende forma: in quel dialogo incessante tra ciò che posso vedere e ciò che posso solo intuire, tra la materia che resiste e l’idea che spinge per emergere.

Le faccio questa domanda poiché nelle sue opere ci sono dei simboli che, ad uno sguardo minimamente attento, si rivelano degli archetipi universali. La sfera, ad esempio, un microcosmo compiuto e un macrocosmo aperto, in divenire…

È vero, i simboli che scelgo, come la sfera, sono elementi che sembrano semplici, ma racchiudono una profondità universale. La sfera, in particolare, ha una forza archetipica che trascende il tempo e lo spazio, è una forma perfetta e allo stesso tempo infinita.

Nella mia visione, come già menzionato, rappresenta l’”Energia della Vita”: un flusso eterno, un simbolo di connessione universale che abbraccia tutte le forme di vita, trascendendo la dimensione individuale per includere l’intero cosmo. Questa dualità intrinseca della sfera, che contiene al suo interno un principio di completezza, ma si proietta verso l’infinito, riflette il mio desiderio di esplorare la tensione tra l’interiorità dell’individuo e l’immensità dell’universo. Quando un osservatore si avvicina alla sua forma circolare, non sta solo guardando un oggetto: è invitato a riflettere su di sé, sulla propria esistenza in relazione al tutto, su come ogni singolo essere sia un microcosmo che partecipa di un movimento cosmico più ampio.

In un certo senso, questi archetipi non sono mai chiusi in sé stessi, ma sono inviti ad aprirsi a interpretazioni infinite. Non voglio imporre una lettura definitiva, ma piuttosto stimolare la sensazione che ogni spettatore, in base alla propria sensibilità, possa cogliere un pezzo di quell’infinito che la sfera rappresenta. L’opera d’arte, per me, non è mai solamente un oggetto statico, ma un organismo che respira e si trasforma insieme a chi la osserva.

Il mio lavoro non è solo una ricerca estetica, la mia speranza è che, osservando queste forme, ognuno possa trovare una propria interpretazione, un proprio riflesso. In questo modo, l’opera diventa un simbolo aperto, un contenitore di significati che si risvegliano solo attraverso la sensibilità di chi guarda.

 

 

Geometria e natura. Nelle sue sculture il mondo delle forme ideali e ancestrali si interseca perfettamente con quelle materiali. Un processo ‘plastico’ istintivo o frutto di speculazioni deduttive?

Il mio lavoro nasce da un dialogo costante tra le forme ideali e la materia che le esprime, un processo che non è puramente istintivo né totalmente razionale. È una fusione tra intuizione e riflessione, in cui le leggi naturali e le idee si incontrano, con la geometria che si sposa alla forma vivente. Non cerco di separare questi aspetti, perché credo che la bellezza emerga proprio da questa sintesi tra perfezione ideale e imperfezione materiale, tra pensiero e gesto.

La natura è la mia principale maestra: non mi limito a osservare le sue forme, ma cerco di comprenderne la geometria profonda, quella simmetria che si nasconde nelle pieghe di una foglia, nelle spirali di un ramo o nei cicli di crescita di un albero. L’istinto che mi spinge a plasmare si confronta subito con il desiderio di armonia, proporzione e equilibrio. Ogni scultura è un incontro tra ciò che la natura suggerisce e ciò che il mio pensiero intende esprimere.

 

 

Accanto a questa componente istintiva, c’è sempre un’intenzione riflessiva che guida la mano. Non si tratta di un ragionamento matematico, ma di una ricerca profonda che esplora il rapporto tra materia e forma, tra visibile e invisibile. La forma ideale emerge come un richiamo all’armonia cosmica, ma la materia, con la sua resistenza e malleabilità, suggerisce sempre nuovi sviluppi, talvolta inaspettati.

In questo modo, il mio processo creativo non è mai statico. Ogni scultura è il risultato di un continuo scambio tra l’istinto che risponde alla materia e la riflessione che mira a restituire un ordine cosmico. Le forme che emergono sono al contempo ancestrali e contemporanee, radicate nella natura ma proiettate verso una dimensione che trascende il semplice dato fisico, cercando di cogliere quella bellezza che si manifesta sia nel caos che nell’ordine, nella forma materiale che non può mai essere del tutto separata dallo spirito che la anima.

 

Nel periodo natalizio saranno visibili le seguenti mostre a cielo aperto:

 

Terra Mater | Earth and Heaven esposizione a cielo aperto di Andrea Roggi a Matera; 9 pezzi installati nel cuore della città tra il centro storico ed i Sassi.

La mostra, iniziata nel 2023, è stata prorogata e non c’è ancora una data definita di fine esposizione. La mostra si propone come un percorso di contemplazione estetica ed intellettuale intorno alle tematiche che ispirano la poetica di Roggi, quali, ad esempio, il rapporto con la natura, oppure il rapporto personale con le proprie radici culturali, nonché il rapporto fra individuo e tempo, relazionati alla protagonista indiscussa dell’iniziativa, ossia la Madre Terra. Il Maestro, attraverso il suo intimo tributo alla Madre Terra, comunica sia l’urgenza di tornare ad amare il pianeta che ha nutrito per millenni il genere umano, sia l’urgenza di prendere il controllo di ciò che ci è stato lasciato in dono dalle esperienze del passato, affinché ciò possa essere utilizzato attivamente onde raggiungere – quasi alla maniera delle filosofie greche antiche – un virtuoso stato collettivo di consapevolezza ed equilibrio.

Radici di Umanità, esposizione a cielo aperto di Andrea Roggi a Martina Franca; 6 opere installate nel centro storico dal 15 giugno 2024 al 30 aprile 2025.

La mostra Radici di Umanità si apre alla contaminazione dei linguaggi universali della vita, nella cornice bianca della città che domina Valle d’Itria: Martina Franca. Suoi sono i contorni di un dipinto poetico che riporta alla pace e ai valori autentici dell’umanità. Nuovi spazi e nuove prospettive di bellezza abbracciano la forma in uno spettro di luce multiforme che ci porta verso alto. Inchinandoci invece alle radici, nella natura troviamo la maestra che ci guida verso la conoscenza. In un’epoca che a volte sembra dominata dalla differenza umana e in un momento in cui siamo sempre più consapevoli dell’abbassamento dei ponti levatoi, ciò che è visibile rappresenta soltanto una parte ridotta della fragile coesistenza della vita.

Lĕvĭtās, esposizione a cielo aperto di Andrea Roggi ad Amalfi; 5 opere monumentali esposte dal 18 luglio 2024. Dato il successo ottenuto, la mostra è stata prorogata fino al 9 gennaio e sarà visibile anche nel periodo natalizio.

Attraverso l’esposizione Lĕvĭtās l’artista conduce nella ‘dimensione spaziale’, in un rapporto fisico con la natura e l’architettura della città, in un percorso della memoria che conduce al futuro. Con leggerezza, una leggerezza attraverso cui spunta la più debordante bellezza che consente a chi le ammira di riappropriarsi dello spazio, del tempo, della luce. L’indagine sul movimento è una costante, anche i soggetti più fisicamente statici hanno infatti nella loro forma un andamento che richiama alla mente l’idea del moto. Le opere esposte, tutte protese nella loro elevazione verso il cielo, ci invitano a riflettere sulla ricerca intima di ogni essere umano che cerca di innalzarsi verso l’infinito. In definitiva, le sculture bronzee presentate ad Amalfi ci comunicano che possiamo elevarci da questa nostra condizione terrena verso qualcosa di più alto, sia la ricerca della conoscenza, o l’amore per la vita, o la fratellanza universale, siamo diretti verso il cielo, verso alte mete.

 

Info: LA SCULTURA DI ANDREA ROGGI, Località Manciano 236b, Castiglion Fiorentino (Ar) / Tel. 0575 653401 / www.andrearoggi.com / info@andrearoggi.com